I sistemi complessi come uno Stato o un’Azienda tendono ad opporre resistenza al cambiamento per il fatto stesso di essere complessi: sono cioè le numerose connessioni tra i diversi punti del sistema a renderli refrattari e quindi ‘stabili’.
Facciamo un esempio.
Immaginate il governo di uno stato (che chiameremo Elastalia) e supponiamo che il suo sistema sia composto semplicemente da 10 elementi fra ministeri e istituzioni centrali (è proprio un paese di fantasia !); ognuno di essi è collegato con ciascuno degli altri (sia direttamente che non) e quindi con soli 10 elementi abbiamo già una rete piuttosto complessa.
Ora immaginate di voler cambiare qualcosa in un punto, ad es. i criteri con cui vengono eletti gli organi direttivi di una delle istituzioni: sappiamo tutti immaginare quanto ciò possa creare tensioni, opposte esigenze e interessi incrociati.
Il cambiamento (reale od annunciato) però ha un impatto su tutti i punti del sistema ed è proprio questo aspetto che frena, tanto per citarne una, le riforme politiche; la vera resistenza non è espressa dal singolo punto in cui dovrebbe intervenire il cambiamento ma dal sistema nel suo complesso.
Un sistema assomiglia ad una rete in cui ogni componente influisce su molti altri, su alcuni in maniera diretta, su altri in maniera indiretta (cioè attraverso componenti intermedi); e più le parti sono numerose e mutevoli più le relazioni che legano le une alle altre possono essere complesse, numerose e variabili.
Piccolo passo avanti.
Un sistema è sì come una rete, ma elastica e molto robusta: quando volete cambiare la posizione o lo stato di uno dei suoi nodi, questo resterà lì dove volete fintanto che eserciterete la forza necessaria a mantenercelo (cioè fintanto che… ‘lottate contro il sistema’) ma non appena ‘mollate la presa’ il sistema tenderà a rimettere le cose al loro posto.
Da un punto di vista sistemico ciò non solo è pefettamente normale ma addirittura prevedibile e questo perché quello che è importante in una struttura complessa sono le connessioni tra i punti, cioè il tipo di relazione che lega un componente ad un altro e non la condizione in sè di uno o più dei suoi componenti; quando si vuole incidere profondamente su di un sistema, quindi, occorre agire sulle relazioni, sull’insieme delle connessioni e questo, come evidente, richiede una particolare visione e preparazione.
Altro esempio.
Un’automobile è un sistema e se voglio far correre di più la mia posso anche pensare di sostituire il motore con quello di una fuoriserie… ma provate ad immaginare a quali sollecitazioni (cioè ‘relazioni’) sarebbero sottoposti gli altri componenti: la rottura è assicurata perché il sistema non è in equilibrio.
Probabilmente quindi vorrò evitare la rottura, pena andare a piedi, che significa proprio cercare di mantenere il sistema in equilibrio; in altre parole mi toccherà andare alla stessa velocità di prima ma in più avrò speso tempo e denaro per un motore che non sfrutto e che resterà inutilizzato nel cofano della mia automobile.
L’equilibrio quindi non è ‘buono ‘ o ‘cattivo ‘ in sé, è solo l’obiettivo intrinseco che il sistema persegue per perpetuare (proteggere) se stesso e lo fa producendo continui feedback (retroazioni) tra un componente e l’altro; solo dopo arriviamo noi e giudichiamo se quell’equilibrio è (per noi) funzionale o no.
Presente quanto sia difficile cambiare un’abitudine ? una sola, unica, singola abitudine ?
Questo perché essa non è un corpo isolato all’interno del nostro modo di essere, del nostro comportamento ma è parte di un sistema e come tale ha relazioni e legami articolati e profondi.
Ancora una volta, a resistere non è l’abitudine in sé ma il sistema nel suo complesso che persegue l’unico equilibrio che conosce.
Più un sistema è complesso, più la sua struttura resisterà al cambiamento;
più è complesso, più occorre un’ottica sistemica per affrontare problemi ed obiettivi;
più è complesso, più occorre concentrarsi sulle relazioni che non sui componenti o sui singoli eventi.
Un pensatore sistemico non si domanda come cambiare una parte del sistema ma quali sono le connessioni su cui intervenire per raggiungere quel diverso equilibrio; il resto del lavoro lo deve fare il sistema stesso.




